Gino Vecchi

         

Un viaggiatore, un artista, un poeta

 

 

Biografia

(1915 - 1999)

 

Uomo di personalità interessante e dall'attività eclettica, nato ad Albinea in provincia di Reggio Emilia il 10 Agosto 1915, giorno di San Lorenzo, Gino Vecchi appartiene a quella generazione che ha vissuto direttamente le conseguenze e i drammi di due guerre mondiali.

 

Perduti tragicamente all'età di soli due anni il padre, già promettente capitano di lungo corso, caduto sul fronte italo-austriaco sui colli attorno a Bassano del Grappa e la giovane madre che non ha retto il dolore per la sua prematura scomparsa, è cresciuto nell'ambiente rurale della verde pianura padana subendo il fascino del mare e della cultura intesa come mezzo per la comunicazione tra i popoli.

 

Alternando fin da giovane con pari passione sia gli studi umanistici, sia quelli scientifici centrati su quella che all'inizio del secolo era considerata il grande simbolo di progresso, la radio, circa quindicenne si spinse in bicicletta fino a Rimini per vedere per la prima volta quel mare che avrebbe poi segnato così profondamente il resto della sua vita.

 

Avrebbe in seguito soggiornato a lungo in isole remote e in posti di mare (Pianosa, Portofino, Rodi, Tilo, Castelrosso, Creta, Sottomarina, Venezia, Capri, Massaua, Buenos Aires, Ushuaia) e in particolare in molti luoghi costieri di tutta la Riviera Ligure.

 

Trascorre il lungo periodo della leva militare marittima principalmente imbarcato su sommergibili, innovazione e vanto della marineria italiana di allora, navigando per il Mediterraneo e partecipando ad azioni operative navali in campagne belliche tipiche dell'epoca a cavallo tra le due guerre mondiali. Il periodo tra il suo congedo e il suo quasi immediato richiamo in Marina allo scoppio della seconda guerra mondiale fu veramente breve.

 

Privi di radar e di quegli apparati di telecomunicazione che che caratterizzano l'odierna marineria, il sistema difensivo costiero era allora affidato a strutture tradizionali quali vedette di avvistamento situate per lo più sopra dirupi scoscesi, veri eremi inaccessibili e "isole" nell'isola dove venne destinato, ad esempio, nella località di Zambica all'interno dell'isola di Rodi e già antico tempio ellenico di devozione pagana prima e cristiana dopo o nella lontana isola di Tilo.

 

Per quel tipo di vita era indispensabile avere buone gambe per la scalata, rispetto per la natura e una certa introspezione spirituale che di certo non mancava a Gino Vecchi che lì poteva trovare una grande occasione di studio nella ricca storia delle gesta dei Cavalieri di Rodi.

 

Nelle stazioni di vedetta le comunicazioni erano allora scambiate ancora con mezzi principalmente visivi, bandiere e segnali semaforici o con l'eliografo, strumento ottico che utilizza il riflesso della luce del sole, del cui uso era particolarmente capace meritando un elogio quando dalla cima del monte Vigla comunicò con un convoglio mercantile italiano che aveva inavvertitamente ignorato la sagoma pietrosa dell'isola di Castelrosso stagliata e confusa tra i contorni predominanti della costa anatolica, salvandolo da preda certa della flotta inglese.

 

Ultimo avamposto orientale delle isole italiane dell'Egeo e centro decaduto dell'antico commercio marittimo tra Venezia, Costantinopoli e Medio Oriente, l'isola di Castelrosso era allora la più esposta e facile occasione di alternate conquiste, ora delle forze militari inglesi dislocate ad est nella vicina isola di Cipro, ora dalle forze militari italiane dislocate ad ovest nell'isola di Rodi.
Approdato come responsabile della locale stazione segnali della Marina, dopo l'ennesima riconquista italiana di questa isola che correntemente è più conosciuta nel circuito turistico internazionale nella versione in grafia greca di Kastellorizo, derivante dal vecchio nome attribuitole dai navigatori  veneziani (ritornata nuovamente all'attualità pubblica negli anni '90  con la vincita dell'Oscar da parte del film "Mediterraneo" con una trama che vagamente assomiglia a questa storia), Castelrosso ebbe un ruolo significativo nella vita di Gino Vecchi. 

 

 

Di carattere pacifico e socievole e ben lontano da qualsiasi desiderio di colonizzazione dei locali, popolazione erede della così antica civiltà ellenica, in un'atmosfera da Armata Sagapò che lo scrittore Renzo Biasion ha così ben riportato nel suo romanzo descrivendo il senso del dovere dei soldati italiani sempre unito ad uno spirito di spontanea umanità, Castelrosso fu per lui un'ennesima importante occasione di studio e scambio culturale finendo, infine, per sposare con una fastosa cerimonia densa di simboli di collaborazione tra i due popoli, la bella figlia del Segretario della Delegazione del Governo (una importante carica politica nel possedimento) e anch'egli uomo di cultura.

 

E' lui infine ad ammainare per l'ultima volta la bandiera italiana dalla rocca di Monolito, auto-descrittivo toponimo di una località interna dell'isola di Rodi, quando fatalmente arrivò anche per lui la data del 8 Settembre 1943.

 

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